Dato che in questi giorni in Italia si sta parlando (ovviamente) moltissimo di Iran ma spesso a sproposito e senza la minima conoscenza dellโargomento, del paese, della sua storia e della realtร quotidiana che vi si vive, ho pensato di riproporre qui un lunghissimo reportage che realizzai per Il Tascabile di Treccani nella primavera del 2018, in occasione di un soggiorno a Tehran, durante il quale ebbi modo di conoscere intellettuali locali, giovani artisti ma anche pompieri, tassisti, filosofi post-strutturalisti influenzati da Derrida e aspiranti rapper (sรฌ, in Iran ci sono i rapper), viticoltori improvvisati (sรฌ, ci sono anche quelli) e persino la figlia di un membro dei temuti Pasdaran.
Sono ovviamente passati molti anni e diverse cose sono cambiate in Iran ma รจ ancora oggi vero che chi immagina un paese abitato da masse di fanatici islamisti, o da una popolazione supina e in balia del regime, si sbaglia. LโIran รจ un posto molto piรน affascinante, complesso, contraddittorio e difficile da inquadrare di quello che raccontano i suoi numerosi e superficiali mistificatori (in un senso o nellโaltro).
Un luogo in cui paradossalmente sono proprio le piccole ipocrisie, i compromessi quotidiani, le deroghe allโortodossia, a consentire la sopravvivenza di un regime che sicuramente sa essere oppressivo e iniquo, ma รจ anche ben cosciente di quanto possa stringere la vite intorno alle vite delle persone.
Il testo รจ davvero molto lungo, ragione per cui ne pubblico solo una parte e poi vi rimando, se interessati, alla lettura direttamente sul sito de Il Tascabile.
Prima della lettura vorrei perรฒ anteporre un estratto che si trova verso la fine dellโarticolo e che coglie quello che, a mio giudizio, รจ ancora oggi il vero punto (geo)politico della questione.
Quello che da anni si svolge da queste parti sembra il piรน classico dei giochi a somma zero. Un Grande Gioco contemporaneo che coinvolge alcuni degli attori e dei temi politici piรน rilevanti del pianeta: dalla Russia neo-zarista ai Sauditi, dalla questione del petrolio a quella israelo-palestinese, dalla crisi Siriana a quella Yemenita, dalla proliferazione nucleare alla guerra culturale tra Islam e mondo secolarizzato.
Il fatto รจ che ognuna di queste questioni รจ cosรฌ intrecciata a tutte le altre da rendere impossibile sfiorarne una senza ottenere un gigantesco effetto domino. E cosรฌ, gattopardescamente, a livello macro-politico in Iran โtutto cambia perchรฉ nulla cambiโ.
ร un sistema in cui tutti perdono e nessuno vince, solo perchรฉ il contrario significherebbe una rottura dello status quo che probabilmente nessuno davvero auspica. Di certo non la destra americana, in grado di ragionare solo nei termini dei suoi legami particolari con Nethanyahu e lโArabia Saudita, e neppure lโIran tradizionalista a cui fa comodo avere uno spauracchio al proprio esterno da agitare di fronte al popolo. ร evidente che non รจ negli interessi di nessuno di questi soggetti lโemancipazione politica ed economica di un enorme paese persiano-sciita con vocazione alla leadership.
Di seguito lโinizio del pezzo con, in fondo, il link per proseguire la lettura sul sito de Il Tascabile.
Compromesso Tehran
Entrando a Tehran, un tassista che sa dire โdove la porto?โ e altre espressioni tipiche del suo lavoro in un numero impressionante di lingue, indica unโenorme torre di cemento abbrustolita dallo smog. Coi suoi 435 metri spunta dallโintreccio urbano come uno spillo attraverso un tessuto. Nel suo genere รจ la sesta torre piรน alta al mondo e la sagoma mi ricorda vagamente la Fernsehturm con cui mi orientavo quando vivevo a Berlino. Gli domando a cosa serva e mi risponde con il poโ di italiano che studia con passione da autodidatta: โร per ascolta. Per ascolta gente. Per ascolta cittร โ. Accompagna queste parole con un movimento circolare dellโavambraccio, a palmo della mano rivolto verso il basso, e una risata asciutta che mi fa pensare alla famosa citazione apocrifa di Flaiano: โla situazione รจ tragica ma non seriaโ.
Il mio primo impatto con lโIran รจ dunque questโuomo loquace e poliglotta, la barba di tre giorni e le fotocopie sgualcite di una grammatica italiana nel cruscotto. A meno di unโora dal mio arrivo, il suo sarcasmo mi dimostra che una teocrazia islamica non somiglia, come ingenuamente pensavo, a un monolite di granito popolato da devoti pronti al martirio.
Due giorni dopo saliamo su quella stessa torre per abbracciare il panorama di Tehran dallโalto: da una parte le montagne, dallโaltra il deserto, nel mezzo una distesa di quartieri color sabbia spezzata da smisurati raccordi autostradali. La vista enfatizza i sedimenti dellโabitato: al centro lโorganizzazione densa e impermeabile dei mahalleh ottocenteschi; nel mezzo ciรฒ che resta della pianificazione urbanistica progettata negli anni โ60 dallโaustriaco Victor Gruen; alle estremitร lโodierno e spugnoso proliferare di vasti insediamenti semi-informali.
La torre si chiama Milad, come un personaggio della Shahnama, il piรน importante poema epico del medioevo persiano, il piรน lungo mai scritto da un singolo autore โ Ferdowsi โ nella storia dellโumanitร . Oggi รจ una delle principali attrazioni di Tehran e ospita un complesso di bar e negozi gestiti da un personale molto cortese che prima ci scambia per iraniani e poi ci domanda la nazionalitร per โragioni statisticheโ. Sembra tutto tranne la centrale di una Stasi locale e mi ritrovo a chiedermi se il tassista non mi abbia semplicemente rifilato una leggenda urbana tinta di paranoia. La versione ufficiale รจ che si tratta solo di una torre per le telecomunicazioni inaugurata nel 2009: vistoso emblema della baldanza dellโIran di Ahmadinejad.
ร il primo di numerosi episodi che mi aiuteranno a capire come chiacchiera (forse) paranoica e veritร (forse) di regime, esistenza pubblica e sfera privata, da queste parti ballino una continua danza semantica che disegna i contorni della vita nella seconda Repubblica Islamica al mondo. In una simmetria delle contraddizioni, ogni cosa qui proietta unโombra sbiadita, allโapparenza identica a se stessa ma di fatto fuori fuoco. Persino la moneta, fisicamente sempre uguale come identico รจ il suo potere dโacquisto, per ragioni di inflazione ha due nomi e due valori nominali differenti: rial e toman. Per passare dallโuna allโaltra dicitura basta sottrarre uno zero, ci spiegano, ma lโutilitร di questo procedimento resta oscura agli stessi iraniani, figuriamoci allo straniero.
โLโIran รจ un luogo che vive al cento per cento di compromessi e contraddizioniโ, mi dice Bijan, uno studente di filosofia ventottenne, specializzando in Lyotard allโUniversitร di Tehran. Che in un paese impregnato da una forte ideologia religiosa si studi lโautore della โfine delle grandi narrazioniโ รจ giร di suo un fatto che mi sorprende. โNon dovrebbeโ โ continua Bijan โ โfinchรฉ non si muovono critiche esplicite allโordine costituito nessuno si preoccupa troppo di censurare le ideeโ. Non fatico a credergli. Sono in cittร da meno di una settimana e ho giร fatto lโabitudine alle ambivalenze locali.
Ci sono perรฒ anche aspetti della quotidianitร locale a cui, per quanto mi sforzi, non riuscirรฒ mai a fare il callo: per esempio che unโautoritร religiosa possa stabilire cosa sia ammissibile bere o indossare. Quando glielo faccio notare, Bijan replica con unโosservazione che la dice lunga sul grado di stoicismo raggiunto dagli iraniani laici a riguardo: โse ci pensi lโhijab richiesto in Iran รจ davvero poco piรน di un foulard che lascia gran parte della chioma scoperta: una cosa impensabile in altri paesi islamici. ร solo un altro compromessoโ.

Un dilemma
Un compromesso che evidentemente va stretto ai molti iraniani mobilitatisi a sostegno di Vida Movahed, una trentunenne che lo scorso dicembre ha sventolato per oltre unโora il suo โfoulardโ sulla Khiaban-e Enqilab (Via della Rivoluzione), una delle arterie piรน trafficate di Tehran e un luogo significativo per almeno due ragioni: รจ la strada dove nel 1978 scoccarono le scintille del khomeinismo e oggi rappresenta lโideale spartiacque tra la ricca e secolarizzata bala-ye shahr, la cittร alta a nord, e la povera e devota paeen-e shahr, la cittร bassa meridionale.
Il fermo temporaneo della Mohaved e di altre โsventolatriciโ non ha smorzato le proteste anti-hijab, trasferitesi nel frattempo online e alimentate da un dato diffuso, poche settimane dopo, dalla Segreteria del Presidente Hassan Rouhani: il 49,8% degli iraniani preferirebbe che il velo fosse una libera scelta. Un tempismo che somiglia molto a un preciso invito del moderato Rouhani ad aprire un dibattito sul tema, solo uno dei tanti al cuore del dilemma iraniano da Khomeini a oggi: โla Repubblica Islamica รจ prima di tutto Islamica e dedita allโimposizione delle rigide strutture della legge Islamica o รจ prima di tutto una Repubblica, in cui i diritti individuali sono prioritari rispetto alle leggi religiose?โ (Robin Wright, The New Yorker, 7 febbraio 2018).
In una serata quasi estiva lambiamo in macchina unโarea molto particolare di Tehran: una specie di enclave protetta in cui vivono le famiglie dei Sepฤh-e Pรขsdรขrรขn, ovvero le famigerate Guardie della Rivoluzione. Istituita da Khomeini nel 1979, si tratta di una aristocrazia militare che โ a seconda dellโinterlocutore con cui ne discuto โ pare contare tra le sue fila i piรน grandi eroi della storia nazionale o gli individui piรน corrotti del paese. Tutti concordano perรฒ su questo: nessuno piรน dei Pรขsdรขrรขn regola gli equilibri del dilemma di cui sopra. ร infatti opinione comune che siano cosรฌ potenti e facoltosi (controllano il 30% delle grandi aziende iraniane) da rappresentare ormai โuno stato nello statoโ e che in Iran non si muova foglia, non cominci dibattito, non passi legge, senza il loro consenso.
E la loro influenza non si limita ai soli confini nazionali. Attraverso i reparti speciali Quds, diretti dal controverso generale Qasem Soleimani, i Sepฤh giocano ruoli di primo piano in alcuni dei contesti piรน critici del Medio Oriente: Siria, Afghanistan, Iraq, Yemen, Palestina e Libano, dove supportano formazioni locali quali le milizie Baadr e Houthi, Hamas e Hezbollah (che hanno contribuito a fondare). Anche per queste connessioni sono universalmente considerati tra i principali agenti del caos dello scacchiere mediorientale e tra i maggiori responsabili della recente escalation di tensione nei rapporti tra Iran e Israele. Al punto che, in aggiunta al fresco abbandono dellโaccordo sul nucleare, lโamministrazione Trump starebbe anche vagliando la loro inclusione nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali. Si tratterebbe di una classificazione senza precedenti per una milizia ufficialmente riconosciuta dal proprio paese.
Quando dal Pentagono questa voce รจ rimbalzata fino in Iran, la replica del Generale Mohamed Jafari, capo militare delle Guardie, non si รจ fatta attendere e decisamente non ha brillato per diplomazia: โin tal caso tratteremo le truppe americane di stanza in Medio Oriente come lโIsisโ. Come giร accaduto in passato, lo sfoggio muscolare americano ha ottenuto quindi soltanto di compattare e irrigidire il fronte interno iraniano, costringendo Rouhani a spendere pubbliche parole di solidarietร per le Guardie, quando invece da anni il suo governo lavora dietro le quinte per arginare la loro influenza, soprattutto in materia economica. I Sepฤh, dal canto loro, hanno strumentalizzato le dichiarazioni del Presidente per rimarcare โla distanza tra le sue parole e le sue azioniโ, solo lโultimo episodio di una campagna di delegittimazione che portano avanti da quando Rouhani ha iniziato a intaccarne i profitti e finalizzata alla promozione di un loro candidato ultra-conservatore alle prossime elezioni del 2021.
Ancora allโoscuro di tutti questi intrighi machiavellici, mentre mi sfilano di fronte osservo le abitazioni in cui vivono queste specie di superuomini persiani. Sembrano molto vigilate ma anche, viste da fuori, piuttosto frugali. โIn quanto miliziani devoti devono dare lโimpressione di vivere con grande semplicitร โ โ mi spiega Davoud, un giovane intellettuale che ci fa da cicerone in cittร โ โma non รจ un mistero che dietro queste mura si trovino alcuni degli appartamenti piรน lussuosi della cittร โ. In uno di essi vive una sua amica, figlia di una delle Guardie piรน in vista. Me la descrive come una specie di it girl della scena hipster di Tehran, famosa per le feste che organizza, per i pregiati alcolici dโimportazione che versa ai suoi ospiti, per il fatto che, appena varcata la sua soglia, alle donne รจ concesso togliersi il velo. Il tutto โ ovvio โ in flagrante violazione di numerose leggi della sharia su cui, in teoria, il padre dovrebbe vigilare.
Se siete nuovi da queste parti, io mi chiamo Cesare Alemanni. Mi interesso di questioni allโintersezione tra economia e geopolitica, tecnologia e cultura. Per Luiss University Press ho pubblicato La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon, come la logistica governa il mondo (2023), Il re invisibile. Storia, economia e sconfinato potere del microchip (2024) e Velocissima. Storia dellโautomobile da Henry Ford a Elon Musk (2025).
Il report sul Tascabile era bellissimo, forse un filino lungo. Quello che mi fa sorridere รจ pensare che nel 2018 a noi sembrava assurda questa frase:
"il rovesciamento di un premier molto amato, una guerra decennale usando un paese confinante come braccio armato (nel video รจ il Canada a fare le veci dellโIraq e la cosa mi fa sorridere), una lunga politica di ingerenze e cosรฌ via".....
Chi avrebbe mai pensato che nel 2025 tutto questo รจ un deja vรน?