Edizione di Macro ricca di aggiornamenti e link a contenuti e progetti su cui ho lavorato negli ultimi tempi. A cominciare da…
Questo bellissimo oggetto cartaceo è il nuovo numero di Atlas, ottima rivista realizzata dal think-tank Italiacamp. Su indicazione del direttore Raffaele Alberto Ventura, ho avuto l’onere e il piacere di curare un’ampia sezione dedicata alla “geo-economia” nell’epoca della cosiddetta policrisi. Al suo interno trova spazio anche un’intervista a Helen Thompson, docente di economia politica a Cambrige, nonché una tra le intellettuali e analiste più oneste, acute e lucide della contemporaneità.
Di Helen vi consiglio caldamente il podcast These Times e, soprattutto, il libro Disorder (sarebbe bello se qualche editore lo portasse in Italia), un’analisi densa e dettagliata dei sottotesti finanziari ed energetici delle crisi economiche, politiche e geopolitiche che si stanno susseguendo e intrecciando nel XXI secolo.
A proposito di libri: vi ricordo che dal 12 maggio è in libreria il mio nuovo libro Il re invisibile. Storia, economia e sconfinato potere del microchip.
A giugno lo presenterò in diversi posti e contesti mediatici, tutti molto interessanti. Vi aggiornerò via, via con i dettagli.
Un paio di giorni fa, l’argomento chip è atterrato anche su Appunti, la seguitissima newsletter di Stefano Feltri, dove ho cercato di proporre un’analisi un po’ più dettagliata, rispetto a quelle che abitualmente si leggono sulla stampa generalista italiana, delle ragioni, tecnologiche e strategiche, dietro all’inarrestabile crescita dei ricavi (e del titolo) di Nvidia, del perché l’azienda californiana è così centrale per lo sviluppo dell’AI e di cosa, eventualmente, potrebbe in futuro minacciarne il dominio.
Qui di seguito trovate un piccolo estratto dell’articolo, il resto lo potete leggere sulla newsletter di Stefano (che ringrazio per aver definito “spettacolare” la copertina e per il titolo fantastico che ha dato al pezzo).
Se chiedete a dieci esperti quale sia l’ingrediente segreto del successo di Nvidia, nove vi risponderanno con una strana parola: CUDA.
In realtà è un acronimo. Sta per Computer Unified Device Architecture, un software, fortemente voluto da Huang nel 2006, che permette agli sviluppatori di programmare le GPU per una grande varietà di applicazioni, incluse quelle AI
[…]
Prima di CUDA era già possibile riprogrammare le GPU ma si trattava di un processo che richiedeva un intervento sull’hardware estremamente tecnico e complesso. Semplificandolo grazie a un software, Nvidia ha reso la vita più semplice a milioni di sviluppatori, fidelizzandoli nel contempo ai suoi prodotti.
A livello di modello di business, per certi versi, CUDA non è che una piattaforma. In quanto tale non funziona molto diversamente da altre piattaforme (social, streaming, e-commerce etc) nate e cresciute nei primi decenni del Duemila: punta ad attirare gli utenti all’interno di un ecosistema di cui finiscono per non volere (o potere) più fare a meno.
[…]È stato calcolato che gli avanzamenti delle tecnologie della computazione introdotti da Nvidia negli ultimi dieci anni abbiano incrementato di mille volte le capacità inferenziali dell’AI (tanto che si parla ormai di “legge di Huang", parafrasando la famosa “legge di Moore”), cioè la capacità di trovare correlazioni utili su base probabilistica di cui si diceva in precedenza. La domanda è: questo trend continuerà? Per quanto? E, soprattutto, sarà ancora Nvidia a guidarlo?
A proposito di intelligenze artificiali, continuano le pubblicazioni di ōmega, l’altra newsletter che, da un paio di mesi, curo qui su substack insieme all’amico e collega Roberto Pizzato. Ci occupiamo di segnalare e raccontare storie intorno agli impatti sociali, culturali e politici delle intelligenze artificiali.
Nell’ultima newsletter, spedita pochi giorni fa, abbiamo scritto anche di come le intelligenze artificiali generative stiano assumendo un ruolo sempre più importante nelle narrazioni geopolitiche, nella propaganda e nella contro-propaganda intorno alla guerra a Gaza (e non solo).
Di seguito il breve pezzo in questione (con in testa l’immagine di cui si parla nel primo paragrafo – non escludo di tornare in modo più approfondito sul tema “AI x immaginario geopolitico” prossimamente anche qui su Macro).
Qualche settimana fa l’ufficio di Benjamin Netanyahu ha diffuso un documento per mostrare la sua visione per il futuro di Gaza. Ovvero la trasformazione della striscia in una città super-avveniristica, una “zona economica speciale” fortemente votata al business e al commercio sul modello di Dubai. Aldilà del cinismo necessario per parlare, oggi, di un qualsivoglia futuro di Gaza – soprattutto se a farlo è proprio Netanyahu – la notizia ci ha colpito poiché il documento si apre con una specie di render del progetto. Un’immagine che in questi ultimi giorni sta circolando molto.
Il fatto è che non si tratta di un render o di un’illustrazione commissionata a uno studio professionistico, bensì di un lavoro prodotto, per stessa ammissione dell’ufficio del premier, da un’AI generativa. Questo la dice lunga su come la semplicità e l’economicità dell’AI – connaturate all’immediatezza e alla rapidità dello strumento – possano essere utilizzate per mettere in immagini, diffondere e rafforzare forme di “fiction geopolitica” a scopo di propaganda.
Sul fronte opposto della stessa guerra, questa settimana ha visto diventare estremamente virale sui social la campagna “All eyes on Rafah”, accompagnata da un’immagine, palesemente realizzata con un’AI, di uno sconfinato campo profughi. L’immagine, condivisa globalmente da milioni di persone, incluse migliaia di celebrità, è stata attaccata da alcuni attivisti pro-Palestina come una forma di pigro attivismo da social media e, come ha scritto Angela Watercutter su Wired: “c'è dell'ironia nel fatto che quello che hanno visto tutti questi occhi puntati su Rafah non sia davvero Rafah”.
Comunque la si pensi, si tratta in ogni caso della prima immagine di propaganda politica AI a raggiungere una simile esposizione e viralità globale. Non c’è dubbio che ne vedremo molte altre (inclusa questa risposta israeliana, molto meno virale).
Qualche mese fa sono stato intervistato dalla Radio Svizzera Italiana per un podcast dedicato alla funzione strategica del porto di Genova per i traffici svizzeri. Io ho fornito la contestualizzazione storica all’argomento della logistica, della portualità e del ruolo della containerizzazione nel trasformare profondamente entrambe mentre Gian Enzo Duci – Managing Director di ESA Group, professore dell’Università di Genova e persona di eccellenza competenza – si è occupato degli aspetti relativi alla questione genovese.
Ne è uscito un audio-documentario molto valido e interessante anche per ascoltatori italiani poiché, di fatto, molte delle tematiche che riguardano i flussi della logistica svizzera sono sovrapponibili a quelle che ricadono sul Nord-Italia.
Se vi interessa, lo trovate qui.