Macro | π«π· Napoleone, dunque π«π·
Un nuovo film e un vecchio dibattito: Bonaparte eroe o tiranno?
Avevo sei anni quando visitai la tomba di Napoleone. Per chi non lo sapesse, si tratta di un enorme sarcofago di quarzo russo elevato da un basamento di granito verde. Riposa immersa in una cripta tardo-barocca, sovrastata da un duomo che le galleggia sopra pieno di luce. Γ un monumento di una solennitΓ tutta francese, sembra pensato per rimpicciolire chi gli va incontro; immaginate quale impressione possa fare a un bambino. Molto francese Γ¨ anche il contesto in cui si trova: lβHotel des Invalides, un maestoso complesso di edifici voluto da Luigi XIV per dar ricovero agli invalidi di guerra.
Solo un paese con un precoce senso dello Stato, e una Storia plasmata da secoli di guerre, poteva concepire un luogo simile. E solo un luogo simile poteva ospitare le spoglie di un personaggio che alla guerra deve la sua immutata capacitΓ di affascinare a piΓΉ di due secoli dalla morte.
Se ci pensate Γ¨ strano. A differenza di innumerevoli generazioni di predecessori, ci riteniamo capaci di riconoscere la natura mostruosa della guerra tra le coltri di retorica sotto cui lβaveva sepolta lβepoca cavalleresca; eppure fatichiamo a sottrarci al fascino di un individuo responsabile di oltre dieci anni di violenze, e di milioni di morti, nelle pianure italiane e nelle brume belghe, nei deserti nordafricani e nelle steppe russe.
Nel presentare il suo film su Bonaparte in questi giorni nelle sale, Ridley Scott (che torna allβepoca dei Duellanti, a mio avviso il suo miglior lavoro dietro Alien e Blade Runner) ha paragonato Napoleone niente meno che ai due grandi Mostri del Novecento: Hitler e Stalin.
Si Γ¨ riaperto cosΓ¬ lβannoso dibattito: Napoleone, eroe o tiranno?
Sebbene si rese responsabile diretto di crimini nelle colonie, Napoleone non supervisionΓ² mai genocidi e deportazioni di massa pari a quelli Hitler e Stalin, i cui stermini altamente ingegnerizzati sono un derivato della degenerazione tecno-burocratica del Novecento. E tuttavia Γ¨ innegabile che ogni narrazione a tutto tondo positiva del personaggio β e lΓ fuori non mancano β sia in gran parte miope. E non solo alla luce della sensibilitΓ contemporanea ma anche di quella dei coevi. E non solo tra le vecchie Γ©lite aristocratiche β lβancien regime che non poteva che detestare NapoleoneΒ β ma anche tra coloro che la Francia rivoluzionaria la consideravano un modello. Per esempio Thomas Jefferson che, in una corrispondenza col Presidente Adams, definΓ¬ Napoleone βa moral monsterβ che aveva esaurito tutte βle risorse, fisiche e morali della Francia per indulgere nella sua ambizione maniacaleβ.
Jefferson dava voce allβidea che, anzichΓ© esaltarli e diffonderli, Napoleone avesse manipolato e pervertito gli ideali βlibertΓ©, egalitΓ©β della Rivoluzione Francese per ricreare un βImperoβ anacronistico e vanaglorioso. Fondata dal punto di vista strategico e operativo (Γ¨ innegabile che Napoleone manovrΓ² a suo vantaggio le residue energie della Rivoluzione), lβaccusa Γ¨ tendenziosa da quello politico e culturale. Napoleone non era certo un liberale ma aveva senza dubbio unβidea post-rivoluzionaria della societΓ europea. Non puntava a restaurare il vecchio ordine ma a plasmarne uno nuovo. Il suo βerroreβ, secondo alcuni inevitabile, fu di non saper resistere alla tentazione di personalizzare il potere. Tuttavia sostenere che Napoleone fosse semplicemente il βnuovo voltoβ di βvecchi poteriβ, significa dimenticare il suo fondamentale codice civile, le sue iniziative in ambito amministrativo e giuridico, ignorare il fatto che proprio i βvecchi poteriβ lo considerassero unβarci-nemesi, nonchΓ© mancare completamente il senso del Congresso di Vienna.
Β«Ho visto lβImperatore, lβanima del mondo, uscire dalla cittΓ per supervisionare il suo regno; Γ¨ davvero una sensazione meravigliosa vedere un simile individuo che, concentrandosi su un punto mentre siede a cavallo, si allunga verso il mondo e lo dominaΒ». Sono parole di Hegel che vide βuscireβ Napoleone da Jena, nel 1806. Con questo giudizio il filosofo tedesco in parte inaugurava, e in parte cristallizzava, lβimmagine idealista-romantica di Bonaparte: βanima del mondoβ in cui si incarnava lo Zeitgeist del nuovo secolo.
In Napoleone Hegel ammirava lβ βuomo dβazioneβ, poichΓ©, per Hegel, lβ βuomo dβazioneβ Γ¨ colui che fa βaccadere la realtΓ sostanzialeβ della Storia. Colui attraverso il quale lβAssoluto dellβIdea si attualizza nel mondo. E nel caso di Napoleone, lβIdea era quella della βnuova modernitΓ europeaβ. A differenza dei contrattualisti, Hegel non credeva che a fondamento dello Stato ci fosse un accordo tra pari. Seguendo Machiavelli, pensava invece che a determinare la nascita dello Stato, o lβevoluzione delle sue forme, fosse sempre lβiniziativa di un Principe che, grazie al vigore della propria azione, riusciva a cambiare il corso della Storia e delle istituzioni.
Secondo Hegel Napoleone era quel Principe. Grazie a lui si sarebbe affermata lβidea dello Stato moderno: uno Stato borghese e post-feudale, basato sul diritto ma non per questo liberale. Uno Stato fortemente centralizzato β una efficiente tecnocrazia autoritaria in cui la politica era assorbita interamente dalla macchina amministrativa β popolato da individui liberi di auto-determinarsi a livello socio-economico ma non particolarmente sul piano politico. E tuttavia persino una simile idea di Stato, palesemente non-democratica, costituiva, secondo Hegel, un passo avanti rispetto alle regole e alle autoritΓ tradizionali, arbitrarie e antiquate, del βvecchio regimeβ.
A detta di Hegel, lβavvento di un siffatto modello di Stato costituiva una necessitΓ storica di tale importanza da conferire a Napoleone una sorta di implicito lasciapassare al di sopra delle leggi morali. In proposito, il filosofo di Jena scrive che le azioni di Napoleone sono giustificate e giustificabili anche se esse lo hanno portato a βcalpestare numerosi fiori innocentiβ e a βrovinare innumerevoli vite lungo la stradaβ.
La concezione hegeliana della Storia Γ¨ spiccatamente βteatraleβ (e del resto Shakespeare era una delle grandi passioni intellettuali del filosofo). Il mondo, per Hegel, Γ¨ un palco su cui βgrandi uominiβ ed βeroiβ si esibiscono e si misurano e, nel mentre, fanno la Storia. Sebbene Hegel si considerasse un punto di sintesi della filosofia occidentale (e sotto certi aspetti lo era), molte sue idee, inclusa questa, erano in realtΓ enormemente reazionarie. E tuttavia Γ¨ attraverso le lenti, opacizzate dal pathos, dellβidealismo hegeliano che lβinterpretazione della figura di Napoleone Γ¨ arrivata fino a noi, ammantandosi lungo la strada di significati che, per la maggioranza dei coevi, semplicemente non possedeva.
Come generale Napoleone era ammirato persino dai suoi avversari, incluso Clausewitz, il piΓΉ importante e originale teorico militare di sempre, ma β fuori dalla Francia o dal suo circolo β in pochi lo avrebbero definito un βeroeβ. I paragoni con Giulio Cesare o Alessandro Magno si infittirono soprattutto dopo la sua morte, quando il ricordo delle sue guerre andava sbiadendo e, in sΓ© e per sΓ©, testimoniano soprattutto della crescente, e sempre piΓΉ marcata, volontΓ di appropriazione (e distorsione) della classicitΓ da parte della cultura europea tra fine XVIII e inizio-metΓ XIX secolo. Un fenomeno che, nel complesso, causerΓ unβubriacatura culturale carica di gravi conseguenze sullo sviluppo dei nazionalismi e degli imperialismi del tardo Ottocento. Ne parleremo a breve.
Nata in seno allβidealismo tedesco, la narrazione del Napoleone βgrande uomoβ (espressione resa celebra dallβomonima teoria politica di Thomas Carlyle, la great man theory, ma giΓ in nuce contenuta in Hegel), divenne uno dei temi culturali piΓΉ dibattuti dellβOttocento. Tra gli altri, se ne occupΓ² Dostojevski che, attraverso i vaneggiamenti napoleonici di Raskolnikov, in Delitto e castigo mostra i grotteschi paradossi insiti nel teorico βlasciapassare moraleβ che, secondo Hegel, spetterebbe ai βgrandi uominiβ in virtΓΉ del peso delle loro azioni. Di Napoleone si occupΓ² in abbondanza Tolstoj. Nella seconda metΓ di Guerra e Pace, il romanziere russo non fu certo generoso con il generale corso, che rappresentΓ² allβopposto dellβideale del βgrande uomoβ : un vanesio, incapace, in fondo, di concretizzare alcunchΓ© di storicamente decisivo. Ancor piΓΉ di Dostojevski che, a conti fatti, era soprattutto scettico della fungibilitΓ morale dellβidea del βgrande uomoβ, Tolstoy, come Γ¨ risaputo, dubitava precisamente del fatto che la Storia fosse messa in moto dalla volontΓ dei βgrandi uominiβ e non fossero, semmai, i βgrandi uominiβ semplici pedine della Storia stessa.
Tolstoj e Dostojevski osservano, e in modi diversi, criticano la figura di Napoleone, poichΓ© entrambi comprendono le pericolose derive a cui poteva condurre una visione della Storia interamente basata sullβideale del βgrande uomoβ. Il corso degli eventi ha dimostrato che avevano ragione. NellβOttocento, il βnapoleonismoβ divenne un tratto costitutivo dei nazionalismi europei. In alcuni casi in modo βsanoβ, come per il Risorgimento Italiano che attingeva allβesempio napoleonico per la capacitΓ di guidare e indirizzare grandi masse. In altri in modo βproblematicoβ, come nel caso della Prussia Guglielmina, i cui Kaiser recuperarono le narrazioni piΓΉ βmegalomaniβ di Napoleone per giustificare propositi di conquista e aggressione.
AldilΓ del Bonaparte effettivamente vissuto, Napoleone come archetipo idealizzato divenne cosΓ¬ una componente particolarmente tossica della mentalitΓ imperialista che, a partire dal secondo Ottocento, prese a permeare la cultura europea. La tesi della condonabilitΓ degli orrori dei βgrandi uominiβ, per esempio, fornΓ¬, insieme ad altre idee dello stesso tenore, il presupposto per la relativizzazione dei comportamenti piΓΉ indicibili allβepoca della corsa allβAfrica.
E non solo. Possiamo rintracciare tracce di βnapoleonismoβ nella retoriche vanagloriose a bellicistiche che fomentarono unβintera generazione a prestarsi allβinsensato massacro della Prima Guerra Mondiale. E senzβaltro il Napoleone delle riletture idealiste fu una stella polare β lo ammettono gli interessati β per i totalitarismi emersi, tra anni Venti e Trenta, dalle macerie delle trincee. A sei anni non potevo saperlo ma quasi 50 anni prima di me, in una Parigi fresca dβinvasione nazista, a visitare la tomba di Napoleone si recΓ² anche Hitler. Allβuscita da Les Invalides, il Fuhrer descrisse lβincontro con il sarcofago di Bonaparte come βil momento piΓΉ straordinario e grandiosoβ della sua vita. Dal canto suo Mussolini aveva unβautentica ossessione per Napoleone, tanto da arrivare a convincersi di esserne una sorta di reincarnazione.
E dunque oltre ciΓ² che Napoleone fu in vita, Γ¨ una determinata concezione della sua ereditΓ , cominciata con Hegel ma promossa non solo da lui, a risultare problematica a posteriori. In sΓ© la parabola di Napoleone fu cosΓ¬ intensa e rapida, e si svolse in condizioni talmente instabili e convulse, da rendere difficile un giudizio βbianco o neroβ. Ne avremmo potuto emettere uno piΓΉ chiaro se avessimo avuto modo di giudicare lβoperato di un Napoleone βpacificatoβ.
Tuttavia possiamo senzβaltro dire che lβinfluenza indiretta di Napoleone sulla Storia Γ¨ stata in gran parte nefasta. La sua mitizzazione ha contribuito a introdurre nel cromosoma della cultura occidentale una megalomania del potere che, una volta sposata a tecnologie adeguatamente distruttive, ha prodotto catastrofi senza precedenti.
Lβepoca napoleonica, coi suoi riflessi su idealismo e romanticismo, non fu perΓ² solo prodromo delle immani e folli tragedie del Novecento. Essa rappresentΓ² anche un passaggio fondamentale per lβaffermazione di una nuova idea dβindividuo e di soggettivitΓ , destinata ad avere enorme influenza sullo sviluppo della mentalitΓ europea e occidentale dei secoli successivi. Oggi ne vediamo soprattutto gli aspetti piΓΉ problematici, lβipertrofica deflagrazione dellβ βindividualismo di massaβ, ma senza quel passaggio difficilmente avremmo compreso il nesso tra ordinamento sociale e libertΓ personali nel modo in cui lo abbiamo capito negli ultimi due secoli.
Tuttavia, non si puΓ² fare a meno di notare come negli ultimi anni, se non decenni, abbia ripreso vigore lβideale del βgrande uomoβ, a cui si rifanno esplicitamente personaggi tanto diversi tra loro quanto Putin, Trump e Musk e, piΓΉ in generale, una parte consistente dellβindustria del tech, nella cui auto-narrazione la βgreat men theoryβ si intreccia con una sovrabbondanza di βsaviorβs complexβ (βcomplesso del salvatoreβ). A cosa sia dovuta questa recrudescenza Γ¨ difficile da dire. Concorrono probabilmente numerosi fattori che vanno da una reazione alla (sacrosanta) messa in discussione della mascolinitΓ allβaumento di entropia politica della nostra epoca, che ha alimentato il bisogno di narrative accentranti, di figure forti e di letture della realtΓ semplicistiche e deresponsabilizzanti. A questo ultimo fenomeno si puΓ² ascrivere anche la diffusa tendenza a dar credito a interpretazioni delle vicende internazionali, basate piΓΉ su letture psicologiche dβaccatto (siano esse riferite a leader o, addirittura, a interi popoli) che sullβanalisi delle condizioni sistemiche in cui tali vicende si svolgono.
Quale che siano le ragioni dietro il ritorno in scena del βgrande uomoβ, non possono di certo nuocere racconti β come mi pare punti a essere quello di Ridley ScottΒ β che ci aiutino a decostruire la tossicitΓ di figure storiche colossali come Napoleone. Buona visione (sperando che sia buona).
Prima di Scott, il βgrande filmβ su Napoleone era ovviamente Waterloo (1970). Con due enormi attori come Rod Steiger (Napoleone) e Cristopher Plummer (Wellington), migliaia di comparsa e un budget per lβepoca enorme era difficile fare un brutto e invece il regista di Waterloo purtroppo ci riesce appieno. Si salvano le grandi scene di battaglia ma tutto il resto Γ¨ molto sconclusionato. Se non lβavete mai visto e volete verificare di persona, su Youtube lo trovate intero e in ottima definizione.
Lβaltro grande film su Napoleone Γ¨ un filmβ¦ che non Γ¨ stato. Come forse saprete, Kubrick ha lungamente carezzato lβidea di girare un film su Napoleone ma purtroppo non lo ha mai portato a termine. Ci resta una grande mole di materiali preparatorii che qualche anno fa Taschen ha raccolto in un libro.
Visto che abbiamo parlato di idealismo, romanticismo e nascita della soggettivitΓ , vi segnalo la recentissima uscita di un bel testo divulgativo che parla in modo accessibile e chiaro proprio di quella parentesi storica e culturale. Si intitola Magnifici Ribelli e lo ha scritto la scrittrice tedesca Andrea Wulf.
Il 15 ottobre 1815, quattro mesi dopo la sconfitta di Waterloo, Napoleone sbarcΓ² a SantβElena, lβisola nellβAtlantico meridionale dove morΓ¬ in esilio nel 1821. Quel giorno lβObserver, un giornale inglese tuttora esistente (Γ¨ attualmente lβinserto domenicale del Guardian, pubblicΓ² una specie di guida turistica dellβIsola e una cronaca delle amenitΓ che vi furono trasferite per rendere meno amaro il soggiorno di Napoleone.