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Oggi razione doppia di Macro. Scusate ma dopo la lettura mattutina dei commenti β italiani e non solo β al Nobel dellβeconomia ad Acemoglu, Johnson e Robinson non sono riuscito a trattenermi. Non ho potuto fare a meno di notare come, in unβampia fetta di commenti, lβassegnazione del premio sia stata accolta, con pigra soddisfazione, come lβennesima celebrazione della superioritΓ delle istituzioni occidentali su qualunque altra forma di organizzazione socio-politica.
Ironicamente questo tipo di commento viene di solito dalle stesse menti che quotidianamente contribuiscono (o supinamente assistono) alla disarticolazione di quelle stesse istituzioni, in forza di una cieca fede nella razionalitΓ dei meccanismi microeconomici o in virtΓΉ del pregiudizio di una congenita superioritΓ morale dei valori proposti dallβoccidente.
La veritΓ Γ¨ che ciΓ² che dicono (ma non dimostrano) gli studi (e i lavori di divulgazione) di Acemoglu, Johnson e Robinson (dβora in avanti: AJR) Γ¨β¦ ben diverso.
Attraverso una rilettura di 500 anni di storia coloniale e di divergenze economiche tra aree e paesi del mondo, il trio ci dice che le istituzioni non sono espressioni necessariamente culturali bensΓ¬ architetture neutre β e questa, in fondo, Γ¨ la loro forza β che date determinate condizioni, per esempio il sostegno di Γ©lite di un certo valore, possono attecchire dovunque, generando crescita e progresso.
Tuttavia una volta che le istituzioni hanno attecchito, esse richiedono genuina dedizione e costanti accorgimenti per adeguarsi allβimpatto delle innovazioni. Se invece esse vengono abusate o pervertite da poteri lobbistici per giustificare pratiche disarticolanti e socialmente insostenibili β come lβiper-tutela della rendita o la massimizzazione dei rendimenti tecnologici a scapito dellβuguaglianza, un tema su cui di recente Acemoglu insiste molto β le stesse istituzioni che in precedenza avevano prodotto ricchezza e crescita, divengono disfunzionali e si lasciano dietro conflitto sociale e impoverimento. FinchΓ©, nel medio-lungo termine, non si trasformano in istituzioni puramente βpredatorieβ ed economicamente inefficienti (oligarchie, dittature etc).
Questo poichΓ©, ripeto, secondo i tre economisti le istituzioni sono forme e non contenuti. E se esse assumono forme βinclusiveβ β atte cioΓ¨ a incentivare la partecipazione del numero maggiore di individui alla vita socio-economica β producono crescita. Quando invece assumono forme βestrattiveβ β ovvero interessate solo a giustificare la massimizzazione dellβutile di pochi β alla lunga producono miseria.
Il senso del Nobel ad AJR non Γ¨ dunque quello di βun premio alla democraziaβ in sΓ© e per sΓ©, nΓ© tantomeno un riconoscimento ai βvalori occidentaliβ in quanto tali. Γ semmai un premio a un gruppo di intellettuali (macro-economisti-filosofi dopo una lunga sfilza di premiati tra i micro-economisti sperimentali) che conduce da decenni unβinteressante, e utile, indagine intorno alla formazione e al funzionamento delle istituzioni (politiche, amministrative, normative, civili, corporative). Che si pone quesiti importanti in merito ai loro (delle istituzioni) percorsi di evoluzione e trasformazione. Che si interroga sul loro intrecciarsi con lo sviluppo tecnologico o con fattori endogeni come i virus e il clima. Che cerca di formulare ipotesi, fondate in una enorme mole di ricerche, sui diversi e spesso divergenti esiti economici che tutte queste variabili possono produrre. Niente di piΓΉ lontano da uno stereotipato peana alla βdemocrazia occidentaleβ e ai suoi valori culturali di fondo.
Il lavoro di AJR Γ¨ insomma di uno spessore tale β peraltro non privo di problemi epistemologici, etici e storici che il trio stesso non nasconde β da non meritare lβappiattimento su una visione ideologica, manichea e opportunistica β da βscontro di civiltΓ β β che ha piΓΉ a che fare con le contingenze del momento storico in cui ci troviamo che con unβonesta disamina intellettuale.
Aggiungo inoltre che una simile, e disonesta, semplificazione fa perdere completamente di vista il βcautionary taleβ, contenuto nelle teorie di AJR, sui rischi di degrado che le istituzioni corrono quando vengono manipolate a proprio vantaggio da chi dispone di maggiore peso economico (e quindi politico). Ma sospetto che non sia un caso.
Grazie dott. Alemanni, finalmente un articolo che dona profonditΓ e spessore ai vincitori del Nobel!!
Grazie dottore.
Solo una cosa. Sono istintivamente dβaccordo sulle conclusioni di Acemoglu e colleghi (ma da profondo ignorante della materia) cosΓ¬ come considero lβespressione di superioritΓ morale e il concetto di guerra di civiltΓ inutili e forieri di contraddizioni.
Però, se dovessi esprimere un sunto, anche questo intuitivo, dei risultati raggiunti nelle democrazie occidentali+ Giappone/Corea non potrei che dire che tutto è migliorabile (e le differenze territoriali, anche regionali, sono lì a dimostrarlo) ma che i risultati raggiunti sia in termini di ricchezza (per quanto distribuita in modo ineguale) che in termini di protezione dei diritti siano difficilmente replicabili altrove