Macro | โ๏ธ Miniere e uragani ๐
L'uragano Helene e la fornitura mondiale di quarzo (per i chip)
Buona settimana a tutti. Se seguite Macro da un poโ sapete che una delle tesi di fondo di questo luogo รจ che, in un mondo di elevate interdipendenze, non esistano fenomeni che accadono nel vuoto e che non siano (in)direttamente connessi ad altri.
Ciรฒ vale soprattutto per i fenomeni ampi per natura e per vastitร delle ricadute. E oggi pochi fenomeni sono piรน ampi e forieri di conseguenze del cambiamento climatico e dellโindustria dei chip. E proprio un recente incontro-scontro tra queste due entitร รจ lโargomento della lettera di oggi. Prima di parlarne, un breve spazio comunicazioni.
Domenica 20 ottobre alle 16.30 sarรฒ a Bologna, ospite del Festival del Presente organizzato dalla rivista Pandora (il ricchissimo programma lo trovate qui). Interverrรฒ a un panel dal tema โ2100. Come sarร lโAsia, come saremo noiโ in compagnia di Simone Pieranni (autore del libro 2100 da cui il titolo del panel), Veronica Fernandes (RaiNews24) ed Eugenio Cau (Il Post) con cui ho giร avuto piacere di dialogare per un podcast.
Inoltre, visto che di recente cโรจ stata una discreta crescita di iscritti. Vi ricordo che i miei due libri โ il fresco di ristampa, La signora delle merci (2023), su logistica e globalizzazione, e Il re invisibile (2024), sulla storia e la geopolitica dei microchip โ sono disponibili nelle librerie e nei vari e-commerce
Ma torniamo a noi. Quante volte negli ultimi decenni ci siamo sentiti raccontare che, grazie alle tecnologie digitali, il mondo si stava โsmaterializzandoโ e che ormai certe cose โ la meccanica, lโindustria pesante, figuriamoci le miniere โ erano polverose vestigia del passato. Ebbene quegli stessi guru che per anni hanno straparlato di โsmaterializzazione del mondoโ dovrebbero fare un giro dalle parti di Spruce Pine, nel North Carolina, 2194 abitanti secondo lโultimo censimento.
In questa piccola localitร premontana della contea di Mitchell, lโindustria mineraria non ha mai chiuso i battenti a causa dellโeconomia digitale, anzi, รจ diventata ancora piรน vitale proprio a causa di essa. Le cave di Spruce Pine rappresentano infatti il primo anello della catena del valore globale dei microchip, con cui funziona lโintera industria digitale. Quasi solo a Spruce Pine si trova il quarzo ad elevati livelli di purezza grazie al quale รจ possibile lavorare il silicio policristallino (99.99999999% di purezza) con cui si realizzano i cosiddetti wafer, ovvero il supporto fisico su cui materialmente vengono โstampatiโ i transistor nel corso della manifattura dei chip.
Per questo motivo, se le miniere di Spruce Pine hanno dei problemi, questi problemi hanno il potenziale di riverberare per migliaia di chilometri, dallโaltra parte del globo: in Giappone dove sono specializzati nella produzione di wafer e nei paesi dellโIndopacifico dove, a partire da quei wafer, si realizzano fisicamente i semiconduttori (chiamati cosรฌ per le proprietร di semiconduzione di materiali come il silicio), fino a tutti i luoghi del pianeta in cui si utilizzano oggetti o servizi basati sulla computazione.
Per fortuna il sistema di manifattura dei microchip non funziona secondo un rigido just-in-time, e dunque le aziende che si occupano della produzione di chip hanno in magazzino notevoli scorte di wafer. Nondimeno una criticitร particolarmente prolungata a Spruce Pine potrebbe intaccare le capacitร estrattive del sito fino a ridurre tali scorte sotto i livelli di guardia.
ร qui che entra in gioco il fattore โcambiamento climaticoโ, con lโabbattersi, a fine settembre, sul North Carolina dellโuragano Helene, un evento che i climatologi ritengono sia stato notevolmente potenziato dalle ricadute dei cambiamenti climatici sulla stagione degli uragani nella regione degli Appalachi.
Helene ha raggiunto anche Spruce Pine e, oltre a ingenti danni e numerosi lutti, ha causato unโinterruzione dellโattivitร delle miniere locali della durata di quasi quindici giorni. Troppo pochi per avere un impatto catastrofico sulle forniture globali di quarzo adatto alla lavorazione di silicio ma abbastanza da sollevare la questione: e se la prossima volta andasse peggio? Se danni e tempistiche fossero piรน seri e prolungate? Cosa accadrebbe? Quali sarebbero le conseguenze sulla produzione di chip?
La risposta รจ: sarebbero molto serie. Specie se consideriamo che le uniche alternative alle miniere di Spruce Pine โ in India e in Siberia โ non riescono ad estrarre, insieme, neppure un sesto del quarzo che annualmente si preleva dalla miniera americana.
Puรฒ sembrare insensibile pensare ai chip nel mezzo di un disastro ambientale, con tutto il suo enorme portato di sofferenze umane e tragedie, ma la realtร รจ che non cโรจ niente di meno cinico che preoccuparsi per lโoperativitร di un settore da cui, volenti o nolenti, dipende (in)direttamente il 99% dellโeconomia globale.
Purtroppo, secondo i meteorologi, lโunica certezza รจ che uragani di violenza eccezionale come Helene si verificheranno sempre piรน di frequente nella contea di Mitchell, con gravi conseguenze per le aree colpite e, potenzialmente, per le miniere di quarzo della zona.
ร una situazione dโinterdipendenza tra cambiamento climatico e filiere industriali, tra cause naturali e conseguenze economiche, simile ad altre che ho raccontato in diverse occasioni. Lโennesima circostanza che ci ricorda come i cambiamenti del clima non abbiano conseguenze economiche (dirette) solo se facciamo scelte costose per mitigare la crisi (la transizione energetica etc) ma ne hanno anche di peggiori se non facciamo nulla e restiamo a guardare.
Proprio a questo proposito: lo scorso week-end ho partecipato a un interessantissimo convegno a Lanciano, nel corso del quale lโex ministro Enrico Giovannini ricordava come senza mitigazione la โcatastrofe climaticaโ abbia il potenziale di portare la crescita del PIL globale a zero entro i prossimi tre decenni.
Lโevento era organizzato dallโAssociazione Amici di Marcello De Cecco (AMDEC) e per gli interessati qui cโรจ il video del mio intervento sulla geopolitica e la catena del valore dei microchip (dal minuto 50 in poi). Ci vediamo a Bologna!
Grazie dottore.
Onestamente non sapevo che il primo passo della filiera dei chip (e non solo anche dei moduli fotovoltaici) fosse cosรฌ consolidato, quasi a livelli di monopolio. Prima di ASML, prima dei software EDA, c'รฉ la materia prima.
Non รฉ che questo da un vantaggio primario agli States? O perlomeno faciliterebbe un reshoring della filiera?
Saluti
bravissimo Alemanni, peccato che si mangi qualche parola quando relaziona