Macro | ๐น๐ผ Taiwan, tra portaerei e deterrenza / 2 ๐น๐ผ
Aumentano i rischi di una guerra per l'isola?
Cominciamo con un appuntamento per bolognesi e dintorni.
Questa sera alle 18.30, presento Il re invisibile presso lโauditorium della fondazione MAST di Bologna (via Speranza 42), un posto splendido dove lo scorso settembre ho fatto una delle presentazioni piรน riuscite, e affollate, de La signora delle merci.
A discuterne con me ci sarร Giacomo Bottos, direttore di Pandora, ottima rivista di cultura e politica internazionale. Come al solito lโaugurio รจ di vedervi numerosi!
Qui il link allโevento.
Come avevo annunciato qui su Macro, domenica 16 giugno sono stato ospite del Wired Next Festival per una talk sui chip e, in generale, sugli argomenti de Il re invisibile.
Ne ho parlato con il prorettore del Politecnico di Milano, con delega alla Cina, Giuliano Noci. ร stato un incontro utile e stimolante โ spero anche per i molti presenti โ e, a un certo punto, come spesso accade quando si discute di chip, la conversazione รจ scivolata su Taiwan, con il moderatore Luca Zorloni che mi ha chiesto se stiamo sottovalutando la pericolositร della questione. Ecco un breve estratto video della mia risposta.
Taiwan รจ anche lโargomento di oggi, prosecuzione di un piccolo โspecialeโ sullโisola cominciato la scorsa settimana parlando di TSMC e del ruolo fondamentale che questa azienda, appunto taiwanese, riveste nella filiera dei chip. In questa seconda parte approfondiamo invece i temi che sollevava la domanda di Luca e che ho potuto soltanto accennare nel corso del mio intervento al festival di Wired. Per semplicitร e chiarezza ho pensato di fissare le questioni piรน importanti sotto forma di domande.
Perchรฉ la Cina vuole Taiwan e perchรฉ gli USA vogliono difenderla?
Per ragioni storiche molto complesse, Taiwan รจ considerato dalle รฉlite cinesi simbolo dei travagli della civiltร sinica nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento, il cosiddetto โsecolo delle umiliazioniโ. Taiwan ricorda ai cinesi la sconfitta nella prima guerra sino-giapponese (1894 - 95), i massacri della seconda (1937 - 45), la conseguente dominazione nipponica e molto altro. Per la Cina comunista lโisola รจ inoltre il luogo in cui, nel dopoguerra, hanno trovato riparo Chiang Kai-shek e i nazionalisti del Kuomintang, con le loro pretese di incarnare unโaltra Cina possibile (e la crescita economica di Taiwan rappresenta, dal punto di vista del PCC, uno scomodo memento del fatto che puรฒ esistere unโalternativa di successo allโattuale leadership). Questo รจ anche il motivo per cui la Cina comunista si รจ sempre rifiutata di riconoscere la legittimitร di Taiwan e ha preteso che gli altri paesi maggiori, inclusa lโItalia, facessero lo stesso; in ossequio a un delicato status quo diplomatico โ a cui Pechino tiene moltissimo a livello sia pratico che formale โ e che รจ riassunto nella formula โuna sola Cinaโ. A oggi solo dodici Stati (incluso il Vaticano) riconoscono Taiwan.
Taiwan ha dunque un valore simbolico per il Partito Comunista Cinese. La sua riannessione chiuderebbe, per molti versi, un lungo cerchio storico e rappresenterebbe in modo inequivocabile il ritorno della Cina allo status di superpotenza globale. Tanto piรน perchรฉ la โpresaโ di Taiwan passerebbe inevitabilmente da una qualche forma di confronto (cruento o meno) con gli Stati Uniti, un evento che, a prescindere dai suoi connotati, la Cina considera inevitabile per il passaggio della consegna egemonica tra le due potenze.
Aldilร dei simboli, Taiwan ha anche un significato strategico, puramente per la sua geografia. Per la Cina lโannessione dellโisola rappresenterebbe un fondamentale tassello della sua proiezione oceanica, di notevole portata sia militare che economica. Il controllo di Taiwan ha, per esempio, un elevato valore logistico poichรฉ consente di presidiare le principali rotte dellโIndo-Pacifico.
Una Taiwan nelle mani di Pechino aprirebbe inoltre una falla nella โcatena di isoleโ che, dagli anni Cinquanta, gli USA considerano vitali per la difesa dei loro interessi nel Pacifico e per il contenimento della stessa Cina (e non solo).
Gli Stati Uniti conoscono bene il valore di tale โcatenaโ e benchรฉ non abbiano mai riconosciuto Taiwan come entitร indipendente โ in ossequio agli equilibrismi diplomatici richiesti dal giร citato โprincipio della singola Cinaโ โ sono decenni che gli americani mandano segnali a Pechino di essere pronti a intervenire militarmente in difesa dellโisola.
A questo si aggiunge, in una prospettiva speculare a quella cinese, il valore simbolico che la difesa di Taiwan riveste per gli Stati Uniti. Riuscire a preservare la democrazia sullโisola, e il diritto allโautodeterminazione dei taiwanesi, dimostrerebbe che per lโ โordine liberaleโ non รจ ancora giunto il momento di abdicare e soprattutto preserverebbe la profonditร della presenza americana nel Pacifico, con conseguenze rilevanti non solo per Taiwan ma anche per il Giappone, le due Coree e finanche la Russia (lo stesso ovviamente si potrebbe dire, ma in senso opposto, in caso di una Taiwan in mani cinesi).
A tutte queste considerazioni, negli ultimi anni si รจ aggiunta, ovviamente, la questione di TSMC e dei chip. Tema che non รจ assolutamente da sottovalutare. Non fosse altro perchรฉ le tensioni intorno ai chip โ che, come racconto nel dettaglio nel mio libro, in questa fase sono soprattutto alimentate dallโAmerica โ potrebbero facilmente fornire a Pechino un casus belli, autentico o pretestuoso che sia.
Il peso di TSMC sugli equilibri geopolitici intorno a Taiwan รจ notevole ma non va neppure sovradimensionato. Sia perchรฉ in questi anni la filiera sta subendo, su entrambi i lati dello schieramento, un processo di diversificazione geografica (inclusa la costruzione di uno stabilimento per la produzione di chip avanzati negli USA) sia perchรฉ la filiera dei chip sta attraversando una fase di evoluzione/ristrutturazione profonda che probabilmente ne cambierร gli assetti, anche geografici, da qui al prossimo decennio.
Quanto รจ probabile una guerra per Taiwan?
โLa riunificazione รจ lโaspirazione dellโintera nazione. Se non potrร essere compiuta tra cento anni, lo sarร tra milleโ, dichiarava negli anni Settanta Deng Xiaoping, a segnalare la ferma volontร cinese di annettere Taiwan a qualunque costo e su qualunque scala temporale (qui un affascinante briefing desecretato della CIA, proprio in merito a Taiwan, in vista di un incontro tra Deng e Reagan nel 1984).
La dichiarazione di Deng Xiaoping conteneva implicitamente la speranza โ condivisa, peraltro, su entrambe le sponde dello stretto, almeno finchรฉ Taiwan era guidata dal Kuomintuang โ che, dato sufficiente tempo alla maturazione del problema, si sarebbero create da sรฉ le condizioni per una soluzione pacifica della querelle (per esempio attraverso un compromesso โun Paese, due sistemiโsimile a quello che regola le relazioni tra Pechino e Hong Kong).
Aldilร del fatto che qualunque politica di annessione, anche morbida, ignora il fatto, non trascurabile, che la grande maggioranza dei taiwanesi non si considera cinese, i successori di Deng Xiaoping tuttavia non hanno dato prova della stessa pazienza. A partire dagli anni Novanta la Cina ha cominciato a condurre esercitazioni militari sempre piรน frequenti e sempre piรน vicine allโisola, ignorando, e superando, la โlinea mediana dello strettoโ che in teoria separa le acque della Cina comunista da quelle di Taiwan.
Xi Jinping in particolare ha dato piรน volte a intendere di voler risolvere la questione in tempi nรฉ secolari nรฉ tantomeno millenari. Fin dal suo arrivo al potere, Xi ha insistito molto su concetti come quello di โsogno cineseโ e di โringiovanimento nazionaleโ, ovvero il compimento della trasformazione della Cina in una superpotenza moderna in grado di imporre un nuovo โordineโ agli affari globale. Una trasformazione da concludere, se possibile, entro il centenario dalla fondazione della Cina comunista che cade nel 2049. Per quella data, Taiwan ovviamente non potrebbe mancare alla collana di traguardi raggiunti dalla โnuovaโ Cina.
Secondo altri analisti i tempi potrebbero essere ancora piรน stretti e la Cina potrebbe tentare un attacco a Taiwan entro il 2030. Questo per due ragioni. La prima รจ la possibile volontร di Xi Jinping โ che comunque ha giร 71 anni โ di intestarsi un evento storico cosรฌ importante. La seconda ha a che fare col momento economico, piuttosto critico, che sta attraversando la Cina (ne ho scritto anche su Macro).
Se le leadership di Pechino avessero lโimpressione che, nel medio-lungo termine, per la Cina le cose sono destinate a peggiorare, potrebbero decidere che valga la pena tentare una sortita su Taiwan prima che si chiuda una โfinestra di opportunitร โ che li vede ancora in salute dal punto di vista economico (e dunque delle capacitร di spesa militare). La logica dellโ โora o mai piรนโ potrebbe far prendere a Xi rischi che altrimenti avrebbe evitato. Soprattutto se Pechino dovesse constatare una rapida accelerazione nel rafforzamento delle capacitร difensive di Taiwan (che sta in effetti avvenendo) e di quelle offensive di USA e Giappone.
Un calcolo simile circa il processo di maturazione della sua potenza economico-militare, in relazione a quella altrui, spinse, per esempio, la Germania ad accelerare gli eventi che portarono alla Prima Guerra Mondiale.
Fino a oggi ciรฒ che ha impedito il verificarsi di una guerra intorno a Taiwan รจ stata la deterrenza garantita da piรน fattori. Il primo, e il principale, รจ che lโinvasione di unโisola รจ lโoperazione militare in assoluto piรน complicata che esista. Si รจ calcolato che per avere successo lโesercito cinese avrebbe bisogno di un vantaggio di 3:1 rispetto al numero dei difendenti taiwanesi. Se si considera che attualmente lโesercito regolare di Taiwan consta di quasi 170mila uomini, significa che la Cina dovrebbe mobilitare quasi mezzo milioni di soldati per prendere e mantenere lโisola e dovrebbe riuscire a sbarcarli a un ritmo di 50mila al giorno per risultare efficace (questo รจ anche il motivo per cui, allโinizio dei Duemila, gli ambienti della difesa USA irridevano i piani dโinvasione di Taiwan definendoli โla nuotata di un milione di uominiโ. Non cโรจ bisogno di dire che oggi lโironia in merito si รจ fatta molto piรน smorzata).
Se allโesercito regolare taiwanese aggiungiamo poi il milione e mezzo di riservisti, la stima delle forze cinesi necessarie allโinvasione di Taiwan raggiunge un iperbolico 6 milioni di effettivi, ovvero tre volte il numero (2 milioni) di elementi attivi nellโEsercito Popolare di Liberazione.
Questi calcoli sulla proporzione delle forze in campo sono puramente teorici e non รจ detto che rappresentino un fattore di deterrenza sufficiente. Ed รจ qui che entra in gioco la โvariabile americanaโ. Sebbene gli Stati Uniti non siano vincolati da alcun trattato a difendere Taiwan, รจ dottrina fin dai tempi di Reagan di mantenere una studiata ambiguitร strategica, sufficiente a instillare nella Cina il dubbio che gli USA possano intervenire, senza tuttavia chiarire tale intenzione fino al punto da giustificare un attacco preventivo dei cinesi contro le basi americane (ร la Pearl Harbor, per intenderci).
Finora questa ambiguitร era stata sufficiente a mantenere lo status quo, anche perchรฉ fino a pochi anni fa la Cina sapeva per certo di non poter tenere testa alla potenza della marina americana. Particolarmente profonda appariva la superioritร strategica conferita agli USA dalle loro portaerei. La loro minacciosa comparsa allโorizzonte, durante la cosiddetta โterza crisi dello strettoโ del 1995, aveva riportato alla mente dei cinesi il trauma della โgunboat diplomacyโ con cui gli inglesi li avevano umiliati nelle โguerre dellโoppioโ dellโOttocento.
Negli ultimi 30 anni la Cina ha quindi indirizzato gran parte della sua spesa militare proprio verso la riduzione di questo gap specifico. In particolare ha sviluppato una serie di sistemi missilistici a lunga gittata esplicitamente progettati per affondare le portaerei americane. I piรน famigerati di questi dispositivi sono il DF-21D e il DF-28B. Entrambi i missili sono in grado di colpire una singola nave in avvicinamento e di distruggere portaerei americane di classe Nimitz e Ford. Il DF-28B รจ stato soprannominato โGuam Expressโ dagli americani per la sua lunga gittata (quasi 4000 km) che gli consentirebbe di raggiungere la base della marina USA a Guam, potenzialmente anche con testate nucleari tattiche. Pechino sarebbe quindi in grado di colpire in profonditร lโinfrastruttura strategica degli USA nellโIndo-Pacifico.
Armi simili sono potenzialmente in grado di annullare ogni vantaggio strategico della marina americana nello stretto di Taiwan. โBucandoโ i principi della deterrenza e rompendo lโequilibrio delle forze in gioco, esse aumentano perciรฒ le probabilitร di una guerra per il possesso dellโisola, soprattutto se in futuro lโatteggiamento degli Stati Uniti o di Taiwan dovesse segnalare ai cinesi che la strada per la riunificazione pacifica, e per il modello โuna Cina, due sistemiโ si sta definitivamente restringendo.
Per questo, a detta degli esperti, รจ importante che gli Stati Uniti mantengano una certa prudenza nella loro postura rispetto a Taiwan. Sempre secondo gli esperti sono soprattutto da evitare gli sfoggi muscolari che non producono nulla di concreto dal punto di vista militare o diplomatico, come per esempio la visita della Pelosi del 2022, vissuta dai cinesi come una provocazione fine a se stessa, o la decisione di Biden di dichiarare, senza alcuna ambiguitร , che gli Stati Uniti difenderebbero Taiwan a ogni costo.
Il fattore di deterrenza piรน efficace potrebbe tuttavia essere il costo economico della guerra. Il che ci porta allโultima domanda.
Cosa implicherebbe una guerra per Taiwan?
Tutto fa pensare che, anche in caso di vittoria, per tutti i combattenti una guerra per Taiwan sarebbe catastrofica e che la cosa piรน saggia da fare per Xi Jinping sarebbe di tornare allโatteggiamento โpazienteโ di Deng Xiaoping. Ma se non fosse questo il caso e se la Cina decidesse di tentare unโoffensiva su Taiwan quali sarebbero le conseguenze?
Gli scenari sono molto diversi a seconda della gravitร delle ostilitร , della durata e degli attori coinvolti in un eventuale conflitto. Ovviamente lo scenario piรน destabilizzante รจ quello in cui gli Stati Uniti entrino in effetti in guerra al fianco di Taiwan. Secondo uno studio ripreso di Bloomberg, sarebbe tuttavia โsufficienteโ che la Cina imponesse un prolungato blocco navale allโisola โ non permettendo alle merci nรฉ di entrare nรฉ di uscire โ per determinare un danno potenziale da 5 triliardi per lโintera economia globale.
ร in questo tipo di calcoli che rientra pesantemente in gioco TSMC, il suo ruolo centrale nella filiera dei semiconduttori e il ruolo che i semiconduttori hanno in pressochรฉ tutte le attivitร economiche del contemporaneo. Basti pensare a cosa รจ accaduto quando una combinazione tra calamitร naturali e covid ha determinato delle brevi interruzioni nella normale operativitร dellโazienda taiwanese.
Lโipotesi che la Cina cerchi di piegare Taiwan con un blocco navale รจ peraltro considerata da molti analisti una delle piรน probabili. Per Pechino un blocco navale presenta il vantaggio di non richiedere la difficile operazione di sbarco e invasione dellโisola e metterebbe gli USA nella difficile posizione di dover decidere se attaccare per primi la marina cinese (benchรฉ il diritto internazionale consideri un blocco navale equiparabile a un atto di guerra non รจ detto che lโopinione pubblica lo percepisca come tale).
Se la Cina decidesse invece di tentare lโinvasione di Taiwan, lโinizio della guerra sarebbe decisivo per capire lโevoluzione dello scenario a medio-lungo termine. Se, contro ogni previsione, lโesercito cinese dovesse sbaragliare la difesa di Taiwan nel giro di pochi giorni gli americani non avrebbero probabilmente neppure il tempo di intervenire. Viceversa se, come รจ accaduto in Ucraina, la blitzkrieg anfibia cinese dovesse infrangersi contro la prima resistenza di Taiwan, allora รจ quasi certo che gli Stati Uniti entrerebbero in guerra contro la Cina.
Anche in questo caso, gli esperti formulano diversi scenari. Cโรจ la possibilitร che la guerra โ che ricordiamo: sarebbe la prima guerra diretta tra superpotenze nucleari nella Storia โ si mantenga convenzionale (aka non nucleare), e su scala locale. In quel caso lโimpatto sarebbe sopratutto economico, ma di certo sarebbe devastante per entrambi i contendenti e per il mondo intero, visto che, nel complesso, USA e Cina rappresentano il 43% dellโeconomia globale (per non dire di TSMC, dei chip etc).
I rischi, tuttavia, non sarebbero solo di tipo economico ma anche, ovviamente, militari. ร evidente che piรน lunga e cruenta diventasse la guerra, e maggiori sarebbero i rischi di escalation (anche nucleare) e di estensione geografica (la strategia della difesa americana non esclude lโipotesi che la Cina tenti un attacco al suolo americano, cosรฌ come non esclude la possibilitร di attaccare direttamente quello cinese). Soprattutto aumenterebbero i rischi di rimbalzo della guerra taiwanese su altre crisi (specie se le attuali guerre in Europa e Medio-Oriente fossero ancora in corso) e di estensione della conflittualitร ad altri paesi, in virtรน anche della centralitร di Cina e Stati Uniti allโinterno dei rispettivi schemi di alleanza ed influenza (siano essi formalizzati come quelli USA, vedi la NATO e AUKUS, o piรน โinformaliโ come quelli cinesi, vedi la relazione con Iran e Russia).
In tal caso lo stretto potrebbe davvero diventare la miccia dโinnesco di una guerra molto piรน ampia, potenzialmente mondiale.