A meno di situazioni clamorose (che nelle elezioni USA non si possono mai escludere), entro la fine di questa settimana sapremo il nome del nuovo presidente degli Stati Uniti. Considerato il momento storico โ e che uno dei candidati si chiama Donald Trump โ i prossimi giorni potrebbero consegnarci una svolta determinante per il corso del XXI secolo.
Ciรฒ che รจ in gioco โ e in bilico su una manciata di voti โ รจ infatti la costituzione civile e politica del paese tuttora piรน potente del mondo.
In caso di vittoria di Trump esiste il concreto rischio di una deriva anti-democratica degli USA. Gli elementi per crederlo abbondano. A differenza di otto anni fa, quando Trump era raccontato come candidato anti-politico โa sorpresaโ, oggi appare a tutti evidente come egli sia espressione di un movimento dotato di una ideologia ben precisa, di un progetto politico esplicitamente sovversivo e di una rete di potere ampia e strutturata. Una sua elezione avrebbe gli strumenti per cambiare in profonditร la societร e la politica americane.
Quando Trump parla di vendetta contro i suoi avversari politici o promette loro il carcere, quando si augura lโesecuzione di un generale che lo ha criticato, quando parla di deportazioni di massa, quando definisce i democratici โil nemico internoโ dellโAmerica, quando โgiocaโ con lโidea della dittatura o si augura che i cittadini โonestiโ possano avere un giorno di โvera violenzaโ e immunitร per farsi giustizia da soliโฆ ecco tutte queste cose non si possono piรน derubricare a intemperanze ma vanno considerate parti di un programma impregnato di violenza politica che Trump e i suoi sono pronti effettivamente a mettere in atto.
La sfida che Trump pone al futuro della democrazia americana non sarebbe scongiurata neppure in caso di sconfitta elettorale. In prima istanza perchรฉ il movimento MAGA ha ormai dissolto dallโinterno il partito repubblicano e continuerebbe a vivere, con tutta la sua tossicitร intatta, anche sotto la guida di nuovi leader.
In seconda istanza perchรฉ difficilmente Trump accetterร lโeventuale vittoria di Kamala Harris e dunque il rischio di un nuovo โ6 gennaioโ (data dellโassalto al Campidoglio del 2021) รจ molto elevato. Vista la radicalizzazione, ormai fideistica, della base trumpiana, non si puรฒ escludere che la situazione possa degenerare in qualcosa di persino piรน violento di tre anni fa.
Comunque vadano, queste elezioni hanno un elevato potenziale di destabilizzazione degli Stati Uniti. E giร questo, ai fini dellโanalisi delle loro conseguenze sul resto del mondo, non รจ un fatto da poco.
Tuttavia, a meno di una vera e propria guerra civile in America (scenario poco probabile ma che non si puรฒ escludere, e non solo in caso di vittoria di Kamala), lโaffermazione di un/a candidato/a piuttosto dellโaltra/o apre ovviamente a scenari molto diversi tra loro anche dal punto di vista delle politiche internazionali.
Vediamoli.
La continuitร di Kamala
Va da sรฉ che lo scenario meno โdestabilizzanteโ รจ quello di una vittoria di Kamala Harris.
Harris รจ stata vice-presidente di Biden per quattro anni e benchรฉ la politica estera (con lโeccezione di Gaza) non sia stata il focus della campagna elettorale, la candidata democratica non pare volersi allontanare troppo dal suo predecessore e dalle dottrine degli strateghi di riferimento del suo partito.
Dalla Harris cโรจ insomma da aspettarsi una sorta di โBiden-bisโ. Ciรฒ significa che, in politica estera, il tema del contenimento cinese continuerebbe a farla da padrone e proseguirebbero gli sforzi per rallentare lo sviluppo dellโapparato tecnologico-militare di Pechino.
Gli strumenti sarebbero gli stessi di Biden: rafforzamento delle cooperazioni strategiche nellโIndo-Pacifico (lo โstoricoโ QUAD con India, Giappone, Australia e il โnuovoโ AUKUS con Australia e Regno Unito) e controlli selettivi, in nome della sicurezza nazionale, sullโesportazione in Cina di tecnologie e saperi relativi allโintera filiera dellโintelligenza artificiale (dai chip avanzati ai macchinari per produrli fino a ricerche, software, algoritmi, modelli, applicazioni).
Come tuttavia raccontavo a maggio i confini di ciรฒ che gli USA considerano โquestioni di sicurezza nazionaleโ si stanno sempre piรน allargando, mentre lโeffettiva efficacia dei veti alle esportazioni appare sempre piรน dubbia, anche alla luce di recenti rivelazioni che coinvolgono TSMC e la filiera dei chip di Huawei.
Gli altri grandi temi di politica estera sono ovviamente lโUcraina e il Medio Oriente.
Rispetto al primo cโรจ da attendersi ulteriore continuitร con Biden: un sostegno perdurante (ma limitato nelle modalitร dโingaggio) allโUcraina, con lโobiettivo di rafforzare la NATO e di portare la Russia a trattare dalla posizione meno vantaggiosa possibile. Un traguardo che, alla luce delle notizie dal fronte, appare purtroppo sempre piรน distante nel tempo e sfuggente nelle modalitร .
Riguardo al genocidio in corso a Gaza, e al rischio di estensione del conflitto a tutto il Medio-Oriente, Kamala Harris รจ stata chiara nel ribadire il โdiritto a difendersi di Israeleโ, il piรน storico alleato degli USA nellโarea.
Un anno fa ho esposto le ragioni per cui ritengo un orrore morale e un errore strategico fornire appoggio alle modalitร con cui la cricca di Netanyahu esercita tale โdirittoโ. Nel mio piccolo รจ una opinione che ribadisco, tanto piรน ora che la questione rischia di costare quattro anni di Trump al mondo.
ร tuttavia possibile (e sperabile) che, una volta alla Casa Bianca, la Harris si mostri piรน assertiva nei confronti del leader di Israele. O quantomeno che da neo-Presidente trovi le parole (e le azioni) per dissociare in modo piรน netto gli Stati Uniti da un massacro che, giorno dopo giorno, sta togliendo ogni credibilitร al cosiddetto โordine liberale internazionaleโ e alle sue istituzioni.
Infine cโรจ la questione, non secondaria, degli impatti globali delle politiche economiche, industriali e tecnologiche di unโeventuale presidenza Harris.
Detto dellโazione di contenimento della Cina sul fronte delle tecnologie strategiche, รจ certo che Harris proseguirebbe nel solco di Biden anche per quanto riguarda gli investimenti negli hardware connessi alla computazione (CHIPS and Science Act), nonchรฉ nello sviluppo di tecnologie e infrastrutture โverdiโ (Inflation Reduction Act e Green New Deal).
Una scelta che, al netto di alcune criticitร diplomatiche (v. sotto), promette (e in parte sta giร dimostrando) di accelerare il ritmo della transizione ecologica e di ridurne complessivamente i costi per tutti.
Queste politiche tuttavia avranno (anzi stanno giร avendo) lโeffetto di attrarre enormi investimenti negli USA, a scapito non solo di avversari come la Cina ma anche di alleati come lโEuropa e il Giappone, con effetti che โ in assenza di meccanismi di compensazione o di dinamiche di scala eccezionalmente rapide e virtuose โ rischiano di non essere solo economici ma anche geopolitici.
Cโรจ inoltre da considerare come simili politiche di spesa avrebbero (quelle di Biden lo stanno giร avendo) un impatto sulla stabilitร finanziaria degli USA e i relativi livelli di indebitamento, con inevitabili riflessi anche sulla posizione del dollaro nel sistema internazionale dei pagamenti.
Benchรฉ si definisca una โdemocratica non protezionistaโ รจ infine molto probabile che la Harris proseguirebbe la politica di dazi alle importazioni (principalmente contro la Cina, ma non solo) inaugurata, ormai molti anni fa, da Donald Trump e proseguita da Biden.
Combinata con gli effetti delle politiche industriali โa debitoโ menzionate poco sopra, questa politica rappresenta, a tutti gli effetti, una problematica esternalizzazione, a livello globale, delle disfunzioni del tessuto socio-economico americano, con effetti che rischiano di essere destabilizzanti per tutti.
Destabilizzante promette di essere anche lโimpatto dellโAI, rispetto alla quale Harris ha dimostrato una lodevole prudenza. Tra le sue iniziative si segnalano, per esempio, gli sforzi per sviluppare delle linee guida relative allโuso (militare e non solo) delle intelligenze artificiali da parte dei governi, che sono finora state ratificate da circa 50 paesi.
La variante Donald
A differenza di Kamala, i cui effetti sul mondo sarebbero commisurati alla sue scelte politiche, lโimpatto di una vittoria Trump non sarebbe solo diretto ma anche indiretto.
Il valore simbolico di un Trump-bis rimbalzerebbe per esempio con forza in Europa e si riverbererebbe su tutti i partiti dellโestrema destra: da quelli giร al governo (come in Italia) a quelli che il potere lo accarezzano da tempo (il Rassemblement National francese) fino a quelli che hanno ancora bisogno di crescere (lโAfD in Germania).
Per queste formazioni, Trump rappresenterebbe non solo un potente alleato e una fonte di legittimazione โculturaleโ ma, potenzialmente, anche una causa (indiretta) di crescita dei consensi.
Se Trump dovesse perseguire le politiche economiche ostili allโEuropa che ha promesso, non farebbe che fomentare il malcontento delle masse e accelerare il loro disincanto dal modello liberal-democratico (peraltro giร di suo a buon punto).
Venendo alle politiche trumpiane, possiamo dividerle in due grandi aree.
Da un lato ci sono le politiche โaccettabiliโ โ scelte di governo piรน o meno condivisibili ma che si mantengono nel perimetro del razionale โ mentre dallโaltro lato troviamo quelle โimpresentabiliโ, frutto di distorsioni della realtร da parte di Trump e i suoi.
ร per esempio una distorsione della realtร sostenere che il cambiamento climatico sia una bufala ed รจ dunque una politica impresentabile (e irresponsabile) quella che porterebbe Trump a ritirarsi (nuovamente) dagli Accordi di Parigi e a fermare la transizione dai combustili fossili, accelerando anzi lโinvestimento nelle energie tradizionali, in nome di una concezione tardo-ottocentesca dellโautonomia americana nel merito.
Tali scelte avrebbero lโeffetto di rallentare la transizione ecologica di tutto il pianeta e di impantanare investimenti da cui ci si aspetta un ruolo importante nella suddetta transizione. Sarebbe un disastro con conseguenze generazionali e che, oltretutto, avrebbe lโeffetto di suggellare definitivamente la leadership cinese nel campo (che รจ giร ora quasi un dato di fatto).
Unโaltra lettura sconnessa dalla realtร รจ quella secondo cui Taiwan avrebbe โrubatoโ lโindustria dei chip agli USA e quindi se oggi vuole garanzie di protezione dalla Cina deve โpagareโ, sotto forma di concessioni tecnologiche o di moneta sonante (una tesi che peraltro si scontra con altre posizioni di Trump in merito allโespansionismo cinese nellโIndo-Pacifico).
Parimenti tendenzioso (e pericoloso) รจ il tentativo (a cui ha partecipato anche Biden) di presentare lโevoluzione dellโintelligenza artificiale come una โcorsa agli armamentiโ tra Stati Uniti e Cina. Il rischio รจ che una simile retorica porti a un abbassamento nella considerazione delle problematiche (sociali, politiche, ecologiche) insite in uno sviluppo troppo accelerato della tecnologia (nonchรฉ dellโinfrastruttura che le sta alle spalle).
Circa la guerra in Ucraina le posizioni di Trump sono poco leggibili, e spesso incoerenti. Un giorno elogia Putin e dichiara che con lui alla Casa Bianca la guerra finirebbe dopo una settimana (di fatto consegnando pezzi di Ucraina ai russi), il giorno seguente esclama che lui non si farebbe certo bullizzare da Putin come Biden.
Anche sul Medio Oriente la posizione di Trump รจ meno chiara di quanto sembri. Da un lato Trump considera Netanyahu un amico personale e lโIran il peggior nemico dellโAmerica, dallโaltro ha dichiarato di volere una conclusione rapida della guerra. Quale orientamento prevarrร รจ difficile dirlo ma la grande differenza tra Trump e Harris รจ che la maggioranza dellโelettorato del primo ha dimostrato ben poco interesse per i fatti di Gaza e dunque difficilmente Trump riceverร pressioni dalla sua base in merito.
Quello che invece รจ certo รจ che Trump vorrร ridurre il coinvolgimento americano nella NATO e che le sue idee sul futuro dellโalleanza, e sui rapporti con lโEuropa, scoperchierebbero (anzitempo) il Vaso di Pandora delle divergenze dโinteressi tra USA e UE, con conseguenze (economiche, politiche, geopolitiche) che favorirebbero gli estremisti su entrambi i lati dellโAtlantico (v. sopra).
In generale Trump ha sempre mostrato di non considerare il sistema di alleanze ed istituzioni creato dagli USA nel dopoguerra come un elemento di forza degli Stati Uniti ma come un fattore di vulnerabilitร . Lโunica misura di forza in cui crede il candidato MAGA รจ quella garantita da vari tipi di autonomia nazionale (energetica, militare, commerciale, strategica etc).
In tal senso si puรฒ immaginare che con lui si alzerebbero ulteriormente le spese per la difesa e le commesse allโindustria delle armi (rispetto alla quale Trump รจ stato anche critico in passato). Questo tipo di spesa รจ una delle ragioni per cui sotto il primo mandato di Trump โ prima ancora che con la politica di investimenti post-covid di Biden โ il debito pubblico americano ha cominciato a crescere vertiginosamente.
Anche perchรฉ, a fronte di uscite ingenti, le politiche fiscali in cui crede Trump tendono a ridurre le entrate in virtรน di una forte diminuzione delle tasse a multinazionali, grandi redditi e grandi patrimoni. Cosa prenderebbe il posto di questi mancati introiit?
La risposta รจ semplice: dazi. Dazi indiscriminati, fino al 60%, contro la Cina (e in modo piรน ponderato contro la UE) nel tentativo di rompere qualunque interdipendenza commerciale, e non solo, con Pechino. Questo benchรฉ ogni seria analisi in merito al funzionamento delle filiere tra Stati Uniti e Cina abbia mostrato che un completo disaccoppiamento non solo รจ pressochรฉ impossibile ma rappresenterebbe un bagno di sangue, in primis per i consumatori americani e, piรน in generale, per lโeconomia globale (con effetti ipertensivi anche sotto il profilo politico e militare).
Se siete nuovi da queste parti, io mi chiamo Cesare Alemanni. Mi interesso di questioni globali allโintersezione tra economia e geopolitica, tecnologia e cultura. Per Luiss University Press ho pubblicato La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon, come la logistica governa il mondo (2023) e Il re invisibile. Storia, economia e sconfinato potere del microchip (2024).
Sempre preciso e puntuale, ottima analisi